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Pedavena lì 10/02/2011
Si pregano i destinatari istituzionali di
protocollare la presente missiva
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Al Presidente della Repubblica
Al Presidente del Senato della Repubblica
Al Presidente della Camera della Repubblica
A tutti i gruppi parlamentari della Camera e del
Senato della Repubblica
Al Presidente della Corte Costituzionale
Ai membri della Corte Costituzionale
Al Governatore della Regione Veneto
Al Presidente del Consiglio Regionale del Veneto
Ai gruppi consigliari della Regione
Veneto
Al Presidente della Provincia di Belluno
Al Presidente del Consiglio della provincia di
Belluno
Ai gruppi consigliari della Provincia di
Belluno
Al Prefetto della Provincia di Belluno
Alla redazione della RAI regionale veneta
Alla redazione del Gazzettino di Venezia
Alla redazione del Corriere delle Alpi
Alla redazione del Corriere del Veneto
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Oggetto: Veemente protesta contro l’ipotesi referendaria bellunese
.
Egregi Signori
Con una collera civile che mi è assai difficile reprimere, mi vedo
costretto nella missione di demolire nella forma e nella sostanza l’incredibile
oltre che inaudito referendum
proposto da un comitato civile e sostenuto de facto da tutto il panorama
politico bellunese, tanto da essereavallato
tecnicamente dai gruppi consigliari della provincia
senza eccezioni, se non individuali.
Questo tentativo di
ricorrere alla consultazione popolare per chiedere il passaggio della provincia
di Belluno dal Veneto al Trentino Altoadige, è
solamente l’ultimo e non meno stucchevole atto della febbricitante corsa al
oro, che ha contagiato negli ultimi anni alcuni comuni bellunesi. Se tuttavia
tali precedenti potevano essere liquidati come eccentricità periferiche alla
stregua di baruffe condominiali, quest’ultimo salto qualitativo non può più
essere tollerato ed esige una presa di posizione risoluta delle istituzioni di
cui sopra, nella loro qualità di garanti costituzionali. Signori, la misura è
colma!
Per amor di intelligenza e
di patria, non intendo dilungarmi a smontare le ardite ricostruzioni dei
referendari di ieri e di oggi, miranti a legittimare il loro proposito sulla
base di presunte affinità antropologiche-culturali e
di continuità
Geomorfologiche con il Sudtirolo o il Friuli, giungendo talora a vertici mirabili
di comicità più o meno involontaria. Mi limiterò a dimostrare, provandolo, che
l’unico valore comune e il solo principio unificante dei scissionandi
risulta perciò essere il concetto aggregante per eccellenza: il danaro. È visto
che di questo e di null’altro si tratta, entro nel merito sostanziale della
questione sollevata da una provincia benestante, Belluno per l’appunto, che
piange offesa e si dispera per non essere opulenta come i figli di Creso di
Trento e Bolzano.
Scopriamo dunque i dati
socioeconomici della provincia bellunese, affrancandoli in tutta la loro
obbiettività scientifica dal silenzio assordante in cui vengono relegati dai
promoter referendari, preoccupati di vedersi corrodere alla base i già
inconsistenti argomenti da loro adotti a favore del esodo dalla serenissima.
Nel 2008 a ridosso della crisi
economica-finanziaria, il centro studi Sintesi ha stilato la classifica
nazionale delle province, sulla base del reddito complessivo medio pro capite e
di sette parametri di consumo sensibili: consumo alimentare (Istituto Tagliacarne), consumo di energia elettrica (Terna), consumo
di carburanti (Ministero dello sviluppo economico), cilindrata e numero di
automobili (Aci), variazione dei depositi bancari (Banca d’Italia) e abitazioni
di pregio (Omi). In questa graduatoria del benessere
la provincia di Belluno si è piazzata quinta su 103, preceduta solo da Forlì
cesena (quarta), Milano (terza), Bologna (seconda) e Bolzano (prima). prima fra
le venete, Belluno batte nel ordine Venezia (settima) e Trento (trentunesima).
Nello stesso anno, la città di Belluno si aggiudica il primo premio nella
speciale classifica per l’ecosistema urbano, istituito da Lega
Ambiente,Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore. Nel 2009il giornale di confindustria posiziona Belluno al secondo posto nella
lista delle provincie più vivibili della penisola, rimanendo prima fra le
venete e precedendo Trento (QUINTA) e Bolzano (ottava). Viene inoltre
nuovamente premiata per l’ecosistema urbano con la piazza d’onore (seconda)
confermando la sua virtuosità ambientale. Nel 2010 Belluno e provincia
mantengono le loro posizioni di vertice: Il Sole 24 Ore colloca la provincia di
Belluno al decimo posto su 107 fra quelle più vivibili, riconfermando il suo
primato incontrastato fra le venete, visto il distacco della seconda
rappresentante corregionale Padova al 34mo posto. Il giudizio di Italia oggi
risulta ancora più lusinghiero. Nella ricerca effettuata in collaborazione con
l’università La Sapienza
di Roma, la provincia di Belluno fa capolino al terzo posto, dietro a Mantova
(seconda) e Trento (prima). bolzano, invece, si deve
accontentare della medaglia di legno, posizionandosi alle spalle di Belluno al
quarto posto. Superfluo accennare al ennesimo primato di Belluno tra le
province venete: la insegue con distacco Verona, dodicesima. Non paga degli
allori conseguiti dal proprio territorio, la città di Belluno si appropria
nuovamente del primo posto per l’ecosistema urbano migliore d’Italia.
basterebbero questi dati del 2010, peraltro incrociabili con quelli rilasciati
dal Istat, per statuire che, nella peggiore delle ipotesi, il 90,66 % di tutti
gli italiani metterebbe la firma per vivere come qui a Belluno e provincia,
mentre la percentuale sale addirittura al 95,33 % prediligendo l’ipotesi
migliore. Ovviamente, gran parte dei 69 comuni di provincia sono piccole realtà
montane e non possono oggettivamente avanzare rivendicazioni di strutture,
infrastrutture e servizi identici a quelli presenti in una metropoli o in una
cittadina provinciale di pianura. Nondimeno, Visto che i rapporti sul benessere
di cui sopra vengono calcolati anche in base ai dati affluiti dal 50 % della
popolazione bellunese risiedente nelle predette municipalità montane , risulta
pacifico che la gente da noi in montagna vive benissimo. I registri degli
uffici tecnici e catastali sono implacabili: nessun bellunese nelle cosiddette
comunità montane disagiate paga l’affitto. Tutti possiedono una o più case di
proprietà. Sono tutti intestatari di uno o più appezzamenti di terreno agricolo
(frutteti, vigneti campi da semina), oltre che di fondi boschivi. Ciò determina
un indebitamento privato pressoché nullo se confrontato con quello dei
cittadini bellunesi di pianura. che la provincia sia cosparsa da monti e
vallate che rendono più impegnativa la gestione amministrativa dei suoi comuni
logisticamente più svantaggiati lo si sapeva dalla fondazione di Roma.
Tuttavia, sono proprio le montagne del Parco
Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, patrimonio del UNESCO a costituire il
nostro sommo tesoro invidiatoci dal pianeta intero. Se il bellunese fosse
disteso piatto in mezzo alla pianura padana, direbbe addio alla metà del suo
prodotto interno lordo e nella classifica del benessere annasperebbe anonimo tra
le province della metà inferiore. È poi appena il caso di aggiungere che, a
prescindere dai magri trasferimenti finanziari statali, la maggiore
responsabilità per una virtuosa gestione amministrativa della cosa pubblica,
dipende dall’efficenza, dalla competenza e dalla
continua presenza sul territorio degli amministratori eletti. Purtroppo,chi ha
dimestichezza con tali ambienti, sa benissimo che sovente le giunte, sindaci in
testa, sono composte da dopolavoristi. Pretenderne la presenza in municipio sei
giorni su sette anche solo per mezza giornata è un miraggio. Ne consegue una
approssimazione gestionale imputabile a scarso sfruttamento degli
amministrativi, carente conoscenza delle potenzialità E DELLE PROBLEMATICHE
territoriali di competenza, pressoché inesistente cooperazione e consorziamento con i comuni confinanti e non ultima, una
fisiologica porzione di incapacità. Sconcertante è, ad esempio,
l’impressionante quantitativo di bandi di finanziamento regionali e non solo,
ai quali i comuni montani non attingono per assenza di progetti, ritardata o
incompleta presentazione dei medesimi o semplicemente per ignoranza.
Naturalmente, i primi cittadini dei comuni che da tempo chiedono di varcare la
frontiera con l’Altoadige o con il Friuli e che
sostengono con entusiasmo il novello referendum, negheranno le mie
considerazioni, proclamando urbi et
orbi che non si celebrano nozze coi fichi secchi. Curiosamente sono i medesimi,
che stracciandosi le vesti manifestano contriti contro i tagli degli
stanziamenti e minacciano a ogni pié sospinto di
consegnare le chiavi del loro municipio al prefetto. Le consegnassero una volta
queste chiavi! E invece, alle successive elezioni comunali te li ritrovi lì,
con il coltello fra i denti, a lottare con ogni mezzo pur di non cedere lo
scranno ad altri candidati. Ed è questo loro atteggiamento a costituire la
prova regina, che li inchioda al unico movente di cui ho parlato
nell’introduzione: il danaro. In tal senso, sublime risulta l’esempio di
Cortina d’Ampezzo, spettacolare comune bellunese in cui perfino il superfluo
non latita. Laddove la fama mondiale unita al più alto reddito pro capite della
provincia fa apparire indigente il resto della nazione, la cittadinanza ha
osato sentirsi abbandonata dallo stato o da chi per lui, al punto di chiedere
il passaggio al Tirolo meridionale tramite referendum comunale. Iddio solo sa,
quante lacrime agli occhi verrebbero ai comuni del apennino
tosco-emiliano se potessero godere dei bilanci e fatturati del comune ampezzano, ma dovranno accontentarsi di rimanere figli di
un dio minore perche non confinanocon il Trentino-Altoadige, una regione dove scorre latte e miele e
la cuccagna gronda di talleri d’oro. E allora si dica, che è una guerra fra
ricchi e nulla più; fra chi ha già più degli altri, ma brama i lingotti a 24
carati del vicino, tale e quale al fanciullo zeppo di balocchi, che capriccioso
pesta i piedi pretendendo quelli altrui. Insomma una corsa contro il tempo per
gettarsi con cupidigia sui forzieri di Bolzano, prima che un serio federalismo
o piuttosto un irrinunciabile intervento del legislatore prosciughi una volta
per sempre la spudorata fiscalità altoadigina, che ci
fa urlare vendetta, perché emblema non più sopportabile dei privilegi delle
regioni autonome a scapito di quelle ordinarie. queste disparità devono
cessare, e Voi dovreste sentire fortemente l’obbligo inderogabile di reprimere
gli insani stimoli separatisti da esse derivanti, dando ben altre risposte ai
bisogni di chi a Voi s’appella, ma cassando ogni provocazione disgregante. Che
la nostra Repubblica dia a ciascuno il suo. Con il dovuto rispetto, spettabili
Signori, nel 150mo anniversario dell’unità d’Italia, va colta l’occasione per
sradicare ogni residua discriminazione classista fra regioni, provincie, comuni
e cittadini; inutili risulteranno altrimenti i sermoni celebrativi itineranti
tenuti dalle istituzioni sotto l’egida del tricolore. Ne scolpirebbero
solamente il definitivo epitaffio!
Attendendo la sollevazione
morale di coraggiosi probiviri bellunesi e
non solo, inorriditi dalla deresponsabilizzazione assistenzialista propugnata
dal proposito referendario, spero gradiate i miei più cordiali saluti e
migliori auspici di buon lavoro.
.
Un Italiano
Massimo
Trento
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